La Cop26 è già stata definita l’ultima chance nella sfida globale della riduzione delle emissioni climalteranti.
La Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici, in programma dal 31 ottobre al 12 novembre a Glasgow, ha obiettivi chiari: difficile però dire se questa sarà davvero la volta buona per avere impegni vincolanti, ed effettivi, in tempi utili ad arginare l’innalzamento delle temperature oltre la soglia considerata di ‘non ritorno’.
L’Italia, che condivide la presidenza della Conferenza con il Regno Unito, è chiamata a fare la propria parte dopo aver ospitato eventi preparatori come il Youth4Climate e la PreCOP26.
L’ultima riunione della “Conferenza delle parti” - ovvero le 197 nazioni firmatarie della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - si era tenuta a Madrid a dicembre 2019: dunque prima della pandemia di Covid-19 che ha costretto il mondo ad affrontare, oltre che perdite umane pesantissime, anche nuovi interrogativi sul rapporto tra uomo e ambiente.
Anche per questa ragione, la Cop26 (siamo infatti alla 26esima edizione, la prima Cop si è tenuta a Berlino nel 1995) si presenta come un momento fondamentale per fare il punto sull’attuale modello di sviluppo, e per prendere decisioni rapide ed efficaci, sollecitate ormai da tempo da un movimento sempre più ampio di opinione pubblica, associazioni, scienziati.
In sintesi, la Cop26 ha 4 obiettivi.
Il primo riguarda naturalmente lo stop alle emissioni climalteranti. Ai 120 capi di Stato e di governo che s’incontreranno per i primi due giorni (per poi lasciare il campo alle delegazioni dei singoli Paesi) si chiede di impegnarsi ad azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e di puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C (rispetto ai livelli preindustriali).
Per raggiungere questi obiettivi, ciascun Paese dovrebbe:
- accelerare il processo di fuoriuscita dal carbone;
- ridurre la deforestazione;
- accelerare la transizione verso i veicoli elettrici;
- incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili
Qui entrerà in gioco il braccio di ferro che da diversi anni vede una serie di Paesi contestare le limitazioni alle emissioni climalteranti come inique, perché limiterebbero le loro possibilità di sviluppo. Queste nazioni, in testa la Cina, obiettano che i Paesi ormai più sviluppati e leader nella lotta ai cambiamenti climatici hanno storicamente contribuito in modo determinante, con le proprie emissioni di gas serra, all’aumento globale delle temperature.
L’altro punto determinante del vertice sarà allora il finanziamento da 100 miliardi l’anno per aiutare i Paesi più poveri a riconvertire le proprie economie. Un’azione collettiva concordata nel 2015 e prevista a partire dal 2020, che però ancora oggi non ha preso il via: i fondi potrebbero arrivare addirittura nel 2023.
E ancora, uno degli obiettivi fissati è la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali. Questo significa, ad esempio, intraprendere azioni per proteggere e ripristinare gli ecosistemi in quelle zone del mondo già più esposte agli effetti dei cambiamenti climatici. Qui occorrerà un sostegno complessivo ai Paesi coinvolti, per “costruire difese, sistemi di allerta, infrastrutture e agricolture più resilienti per contrastare la perdita di abitazioni, mezzi di sussistenza, vite umane” nei casi più estremi.
Ultimo obiettivo, quello di una maggiore collaborazione tra governi nelle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici.
Le ‘aggressioni’ agli habitat naturali - come deforestazione, attività mineraria, consumo di fauna selvatica - sono state messe sotto accusa per il possibile ‘salto di specie’ all’origine della pandemia. D’altra parte, i danni prodotti dai cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità saranno altrettanto gravi, se non maggiori. Lo scioglimento dei ghiacciai continua ad accelerare ed eventi estremi come alluvioni, inondazioni, incendi interessano ormai anche l’Europa e il Mediterraneo, su cui proprio in questi giorni si abbatte per la prima volta un vero e proprio uragano.
L’ultimo rapporto dell’IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change (l’ente dell’ONU incaricato di raccolta dati e analisi sui cambiamenti climatici) sottolinea come “senza riduzioni immediate, rapide e su larga scala, delle emissioni di gas serra, limitare il riscaldamento a 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale sarà impossibile”.
Per leggere la sintesi in italiano del rapporto IPCC clicca qui.
Sull’altro piatto della bilancia, aumentano le iniziative a favore della tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e per un sviluppo sostenibile, con un maggiore impiego di energie rinnovabili e azioni concrete per la transizione ecologica verso gli obiettivi tracciati.